Pugno di ferro della Francia contro il Porno:

I siti pornografici dovranno conformarsi alla legge che li obbliga a controllare realmente l’età dei loro utenti, altrimenti li vieteremo. Il 2023 segnerà la fine dell’accesso ai siti porno per i nostri bambini.

La legge ancora non c’è, ma il Governo francese ha tutta l’intenzione di istituirla. L’annuncio è stato fatto dal Ministro della Transazione digitale Jean Noël Barrot, tramite Le Parisien. Una battaglia, quella del Governo transalpino, unica al mondo (eccezion fatta per lo Stato della Louisiana, di cui parleremo più avanti). 

VM18 e fiducia

Il 2023, nelle intenzioni del Governo di Parigi, dovrebbe dunque segnare la fine della navigazione ai minori in tutti i siti con contenuti vietati ai minori di 18 anni (nel mirino c’è il porno in primis, ma anche videogame e altri contenuti non adatti alla fascia d’età). Allo stato attuale, per fruire dei contenuti in questi portali, all’utente è sufficiente confermare la propria maggior età per accedervi. Una modalità, di fatto, basata banalmente su un rapporto di fiducia con l’utente stesso. Le Parisien in un suo articolo riferisce che più di un terzo dei francesi di età inferiore ai 13 anni (il 36%) è stato esposto a immagini porno, sfruttando la facilità di accesso ai contenuti (senza girarci intorno, al momento è sufficiente mentire sull’età per eccedervi).  

L’idea dell’app

Il progetto di Parigi in sé è nobile e, a prima vista, facilmente realizzabile. Sono molti i nodi, soprattutto lato privacy, che ne possono rallentare lo sviluppo. L’idea del Ministero della transazione digitale è quella di sviluppare un’app che si ispiri a quelle utilizzate dalle banche per l’autenticazione all’home banking, traslata nel contesto dei siti vm18. In sostanza, l’app pensata dai francesi farebbe da intermediaria tra l’utente e il sito, verificando l’effettiva età, trasmettendo dati in modo sicuro.  

I nodi lato privacy

Ma è davvero così semplice impedire ai minori l’accesso ai siti pornografici? Non proprio, considerando che le buone intenzioni devono andare di pari passo con il rispetto della protezione dei dati personali. In quest’ottica il Governo sta lavorando gomito a gomito con la CNIL (Commissione nazionale per l’informatica e le libertà) per sviluppare un sistema che accerti sì l’età degli utenti, celandone però l’identità. Proprio su questo aspetto controverso e con criticità lato GDPR, nei prossimi giorni il CNIL pubblicherà un documento con le specifiche tecniche che dovrà rispettare il sistema di identificazione. Un servizio di Bfm.tv dedicato al tema ipotizza che il sistema potrebbe coinvolgere in qualche modo operatori telefonici. L’idea potrebbe essere quella di utilizzare le banche dati in possesso degli operatori per sviluppare un sistema di autentificazione da smartphone. Anche in questo caso rimangono le perplessità sul trattamento dei dati.  

Carta d’identità

Ai poco attenti alle dinamiche dalla protezione dei dati verrebbe da pensare che la soluzione è, in fondo, a portata di mano. Non sarebbe sufficiente far caricare all’utente un documento identificativo come la patente o la carta d’identità? Una scelta di questo tipo sbatterebbe contro il GDPR per due motivi in particolare: 

  • i server di questi siti hanno spesso e volentieri sede in stati esteri, ne conseguirebbe una difficile gestione nel trasferimento e trattamento dei dati
  • ciò che lo Stato francese vuole (e può) identificare è l’età del fruitore del servizio, non le sue generalità complete, aspetto che toccherebbe la riservatezza garantita dall’anonimato dell’utente stesso.  

Argini deboli

Il minore, che ha sempre mentito sull’età, non potrebbe tranquillamente inserire il documento di un suo parente maggiorenne? Domanda retorica. Poi, detta molto francamente, se in paesi in cui vige una forte censura è diffusissimo l’utilizzo di VPN per spostare la localizzazione e navigare “serenamente”, non vediamo perché questo sistema non possa essere utilizzato anche in questo caso. Insomma, la coperta è corta, le soluzioni realmente efficaci, al momento, sembrano scarseggiare.  

Controllo dell’età, non dell’identità

Il nodo più ingarbugliato da sciogliere è tutto (o quasi) racchiuso in questa differenza sostanziale. Ad avallare le difficolta anche tecniche per arrivare all’obbiettivo francese c’è già una proposta, fatta in ottobre da Macron, e naufragata sul nascere. Il Presidente francese ipotizzò di subordinare l’accesso ai siti vietati ai minori alla “Carte Bleu”, la carta di credito più diffusa in terra transalpina (per possederla è chiaramente necessario fornire un documento all’istituto). L’ipotesi naufragò, appunto, anche considerando che, nonostante l’ampia diffusione della carta, il sistema avrebbe “coperto” soltanto una parte della popolazione.  

Il caso Louisiana

Mentre in Francia si cerca una soluzione che possa conciliare la privacy dell’utente con i principi del GDPR, negli Stati Uniti, in Louisiana è stata attivata l’app “LA Wallet”, sviluppata per la verifica dell’età degli utenti dei siti vietati ai minori. Questo il testo della finestra che si apre cercando di navigare su un celebre sito con materiale pornografico: 

La legge della Louisiana ci impone ora di mettere in atto un processo di verifica dell’età degli utenti che si collegano al nostro sito dalla Louisiana. Non verranno raccolti dati durante questo procedimento.

Il caso statunitense, promosso dalla legislatrice repubblicana Laurie Schlegel, è al momento l’unico al Mondo e, quasi scontato dirlo, ha suscitato le proteste degli operatori del settore in primis, ovviamente anche e soprattutto reazioni avverse da parte dei garanti europei. Sul caso, proprio la CNIL si è espressa, tramite Le Figarò, con queste parole:  

questo sistema è sia inaffidabile che poco rispettoso dei dati personali, perché richiede la raccolta e il trattamento di documenti ufficiali di identità per funzionare. 

Nonostante la rassicurazione del sistema sulla cancellazione dei dati una volta effettuato l’accesso, la CNIL ha espresso dubbi sull’effettivo rispetto delle garanzie, lanciando l’allarme su possibili utilizzi dei dati raccolti per profilazioni non consentite.  

E in Italia?

L’intenzione della Francia di stringere, legiferare e cercare a tutti costi una soluzione, ha riaperto prepotentemente il dibattito su un tema già hot di per sé. Alle voci impegnate sull’argomento si è unita anche quella del Garante italiano che, con questo intervento di Ottobre 2022, evidenziava già la necessità di trovare soluzioni efficaci a contrasto della “pornografia facile”: 

Un terzo dei bambini tra gli otto e i diciassette anni online fingono di essere più grandi per usare social media, app di gaming e siti di condivisione di contenuti anche pornografici e due terzi di loro sono aiutati a mentire dai loro genitori. È, evidentemente, una situazione insostenibile. E la responsabilità è diffusa e condivisa.

L’intervento del nostro Garante, a firma Guido Scorza, individua responsabili e dinamiche, senza inoltrarsi in eventuali soluzioni applicabili al problema. Che la Francia possa fare da apripista?

Prospettive europee

Dalle nostre parti si è spesso ipotizzato l’utilizzo dello SPID per l’identificazione degli utenti. Una idea vicina a quella francese, mai però finita realmente in discussione. Se sulle modalità c’è, come è giusto che sia, un acceso dibattito sulla convivenza degli aspetti etici e quelli legati alla privacy, sul fatto che qualcosa si debba fare c’è un allineamento di intenzioni generale. È molto probabile, dunque, che se la Francia riuscirà a risolvere il rebus, la questione arriverà anche in Europa e con un importante precedente legislativo da cui partire.  

Jaera team

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