Questioni di “fede” e di diritto sul Registro dei titolari effettivi.
In data 10 ottobre 2023, l’Ufficio nazionale per i problemi giuridici della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha pubblicato la nota Prot. 25/2023/PG, con la quale si è pronunciata sull’applicabilità in capo agli Enti ecclesiastici dell’obbligo di indicare il titolare effettivo nel relativo Registro, divenuto operativo lo scorso 9 ottobre con la pubblicazione in G.U. del Decreto attuativo (ne abbiamo parlato qui).
Questioni di “fede”: nel merito della Nota CEI
Secondo la CEI, il D.m 55/2022, che sancisce l’ambito soggettivo dell’obbligo della comunicazione dei T.E., non si applicherebbe agli Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, in quanto avrebbero carattere di specialità rispetto alle persone giuridiche private, seppur soggetti anch’essi all’onere di iscrizione al relativo Registro tenuto presso la Prefettura.
Il carattere di specialità e dunque la non applicabilità del regime previsto per le persone giuridiche private – ad avviso dell’Ufficio nazionale per i problemi giuridici – si evincerebbe da uno scambio di note tra Governo italiano e la Santa Sede, risalente alla fine del secolo scorso.
Questioni di diritto: rimangono dei dubbi
Quanto affermato dalla CEI ci lascia dubbiosi.
A nostro avviso, il ragionamento contenuto nella Nota è lacunoso.
Innanzitutto, lo scambio di note tra il Governo e la Santa Sede non è da considerarsi alla stregua di una fonte del diritto, per cui l’unico dato sul quale ci si deve basare è quello normativo.
Il dato normativo sullo status degli Enti ecclesiastici è rappresentato, in primo luogo, dalla Legge 20 maggio, n. 222, il cui Art. 1 prevede che:
Gli enti costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato.
Ancora, ai sensi del successivo Art. 10:
Le associazioni costituite o approvate dall’autorità ecclesiastica non riconoscibili a norma dell’articolo precedente, possono essere riconosciute alle condizioni previste dal codice civile.
Esse restano in tutto regolate dalle leggi civili, salvi la competenza dell’autorità ecclesiastica circa la loro attività di religione o di culto e i poteri della medesima in ordine agli organi statutari.
In secondo luogo, ci viene in soccorso il D.p.R. 361/2000, il cui Art. 9 afferma che:
1. Le norme del presente regolamento sono applicabili ai procedimenti di riconoscimento delle associazioni previste dall’articolo 10 della legge 20 maggio 1985, n. 222, fatto salvo quanto disposto dal secondo e terzo comma del medesimo articolo.
2. Nulla e’ innovato nella disciplina degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, in base alla legge 20 maggio 1985, n. 222, nonche’ degli enti civilmente riconosciuti in base alle leggi di approvazione di intese con le confessioni religiose ai sensi dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Nei confronti di tali enti trovano applicazione le disposizioni contenute negli articoli 3 e 4.
Per chiudere il cerchio, occorre, da ultimo, menzionare la norma fulcro della vexata quaestio, e cioè il D.m. 55/2022.
L’Art. 1 “Definizioni”, alla co. 1, lett. h) definisce le persone giuridiche private come:
Le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato che acquistano la personalita’ giuridica con l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361
Traendo le fila…
Il quadro complessivo appare chiaro.
Quanto evidenziato dalla CEI, per il tramite del suo Ufficio per i problemi giuridici, non appare confacente alla realtà normativa.
Riteniamo, senza alcuna pretesa di esaustività, che l’Ente ecclesiastico – ove riconosciuto – soggiaccia, al pari delle altre persone giuridiche private, all’obbligo di comunicazione del T.E.
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