I Legistlatori USA ammoniscono Apple sui chip cinesi.
Non possiamo permettere che le aziende cinesi legate al Partito Comunista siano legate alle nostre reti di telecomunicazioni e negli iPhone di milioni di americani
La dichiarazione è di Marco Rubio, vicepresidente repubblicano della commissione per l’intelligence del Senato. La notizia che ha fatto infuriare Rubio – ma in generale quasi la totalità dei legislatori americani – è la palesata intenzione da parte di Apple di acquistare chip – le memorie NAND 3D prodotte dalla società cinese Yangtze Memory Technologies. – da utilizzare per i nuovi iPhone 14.
La guerra fredda dei dati (e non solo)
Non è certo una novità il conflitto sul piano “tecnologico” tra Cina e USA. La più nota delle battaglie è legata al ban imposto dagli States a Huawei che, di fatto, nel 2019 ha portato l’azienda cinese da una posizione di leadership del Mondo mobile a realtà praticamente marginale del settore. Insomma, la tecnologia cinese, negli Stati Uniti non è gradita. Non lo è ovviamente per motivi legati al mercato, non lo è ancora di più se l’oggetto del contendere è legato a dispositivi che riguardano dati. La funzione principale della “scheda incriminata” è infatti quella di archiviare dati sugli smartphone.
Apple gioca con il fuoco
Il Vicepresidente repubblicano nel suo intervento in ammonizione alla società di Cupertino ha posto l’accento, come detto, sui pericoli legati alla sicurezza, enfatizzando il legame della società Cinese con il partito e con l’Esercito. In sostanza, e senza girarci intorno, i timori sono legati alla preoccupazione di eventuali fughe di dati. In una sola parola: spionaggio.
La replica di Apple
Apple ha confermato i contatti con l’azienda cinese. Ha voluto però precisare che sì, ha pensato di avvalersi di YMTC come fornitore, ma non per i telefoni in vendita al di fuori della Cina. Apple ha inoltre evidenziato come i dati memorizzati sulle schede in questione sono completamente crittografati.
Una questione aperta da tempo
Gli attriti di questi ultimi giorni non sono che la punta dell’Iceberg di una questione aperta da tempo. Già a Luglio 2022 una delegazione composta sia da esponenti democratici che repubblicani, aveva formalmente chiesto al Presidente Biden di inserire YMTC nella “lista nera”.
Guerra di dati, ma (ovviamente) anche economica
Sicurezza, ok. Ovvio però che, come detto, il cartellino giallo ad Apple abbia anche motivazioni economiche. In questo specifico caso, motivazioni con – lato USA – implicazioni di tipo politico. Sempre secondo i senatori americani, infatti, la YMCT sarebbe sovvenzionata direttamente da Pechino. Una ingerenza che permetterebbe all’azienda stessa di vendere componenti elettronici sottocosto ed in questo modo allargare i mercato – se non proprio dominarlo –
Le massicce sovvenzioni del PCC a YMTC significano che la società ridurrà il mercato. Questo molto probabilmente potrebbe devastare il mercato dei chip di memoria e dare alla Cina un controllo ancora maggiore su questa tecnologia fondamentale per la sicurezza nazionale
Questo, sulla questione, il commento del repubblicano Michael MCaul – aspirante capo commissione affari esteri della Camera – che non lascia spazio ad interpretazioni.
Le contromisure
A prescindere da azioni difensive, gli Stati Uniti stanno prevedendo grossi investimenti nel settore della produzione di semiconduttori. Il Congresso ha approvato a Luglio un investimento 50 miliardi di dollari nel rafforzamento dell’industria nazionale dei semiconduttori, per contrastare appunto la concorrenza della Cina. Oltre la metà dei fondi – 28 miliardi di dollari – sarà destinata all’emissione di prestiti e sovvenzioni per la costruzione di impianti per la produzione e l’assemblaggio dei semiconduttori.
Chip Made in America
L’obbiettivo americano è chiaro. Rendersi quasi del tutto indipendente nella produzione. Proprio la settimana scorsa il Presidente americano Joe Biden ha dichiarato che il futuro dell’industria dei semiconduttori deve essere negli Stati Uniti, aggiungendo che “Made in America non sarà più un semplice slogan”.