Il mulo è ancora vivo. La notizia dei Green Pass scaricabili illegalmente da eMule ha scatenato, ovviamente, serie e sacrosante discussioni lato privacy. Tra i molti commenti rimbalzati sui social, ci ha incuriosito e fatto sorridere anche la moltitudine di considerazioni ironiche sul celebre portale di file sharing peer to peer.
Il mulo è ancora vivo?
In effetti la domanda, come diceva quel famoso presentatore tv – per restare in ambito vintage, con una citazione super vintage – sorge spontanea. Sì, è ancora vivo. E le motivazioni sono tutt’altro che poco serie, anche se vien da sorridere, considerando che l’icona della pirateria anni ’00 era stata battezzata dai più morta e sepolta dall’avvento dello streaming.
Ha sonnecchiato per 10 anni
In effetti, pur non avendo mai chiuso i battenti, il programma galleggiava nel web ma senza ricevere aggiornamenti. Nel 2020, con un annuncio, è stata formalizzata l’uscita di una versione Beta, la nuova 0.60a. In realtà, eMule Project ha spesso lanciato qualche messaggio di speranza per nostalgici e simpatizzanti, senza – fino al 2020 – concretizzare mai le novità ventilate. eMule è stato creato, nel Maggio del 2002, da Merkur, soprannome del programmatore tedesco Hendrik Breitkreuz. Viene da subito utilizzato in particolare per la condivisione di file audio e video. La nuova versione, si legge sempre sul forum ufficiale, porta con sé la correzione di bug e ottimizzazioni di sicurezza.
Perché il Mulo è tornato?
Gira e rigira, purtroppo, c’è di mezzo l’emergenza sanitaria. Durante i primi lockdown la pirateria di serie tv e film ha ripreso a volare. Le tante piattaforme di streaming hanno ridato energia a file sharing e torrent. Il motivo principale? Il portafoglio! In sostanza, proprio quello streaming che avrebbe dovuto dare il colpo di grazia alla pirateria, l’ha rivitalizzata. Perché? Molto semplicemente perché l’offerta è divenuta “troppa” e molto differenziata. Facciamo un esempio. Siete in lockdown. Smart working e figli in casa da tenere “a bada”. Poniamo il caso voi siate appassionati di Star Wars, abbiate già un abbonamento Netflix ma scoprite che su Disney +, appena sbarcato sul web, c’è tutta la serie di Guerre Stellari, oltre che i film “baby sitter”. Cosa fate? Le opzioni sono due 1) mani in tasca a raschiare il fondo 2) limitare il numero di abbonamenti e tornare – lo ricordiamo, ILLEGALMENTE – a scaricare.
Molti hanno scelto la busta numero 2
Una inversione di tendenza inevitabile. Crisi economica, covid e tanto tempo da passare in casa. Un mix esplosivo, che ha letteralmente defibrillato i canali illegali. Nel 2013, il celebre sito Svedese Torrent Freak decretava in home la quasi fine della pirateria, ammettendo che:
Le alternative legali avevano imparato a fare il loro dovere.
Una considerazione che non aveva previsto, e non poteva prevedere, l’aumento esponenziale della domanda, tantomeno quello dell’offerta. Questa, essendo a pagamento, non poteva essere sopportata da tutte le tasche. Sottolineiamo che questa nostra analisi è legata in particolare ai contenuti video.
Sulla fruizione di musica in streaming le alternative sono decisamente meno, e il mercato al momento regge, con Spotify a farla da padrona.
Concludendo
I dati i di questa tendenza ad un ritorno al passato sono ovviamente difficili da calcolare con precisione, ma una recente analisi avvalora la logica della nostra disamina – partendo proprio dal caso Star Wars. Insomma, tra Pirati, pirateria e Guerre stellari, ci sembra di essere sul Set di “Ritorno al futuro”. Grande Giove!