Operazione “Free credit” beni sequestrati per 10 milioni. Nello scorso Gennaio la Guardia di Finanza di Rimini, coordinata dalla Procura della Repubblica insieme a 44 reparti competenti sul territorio, ha eseguito 35 misure cautelari e oltre 80 perquisizioni in Emilia Romagna. Coinvolte nei controlli anche altre regioni tra cui Abruzzo, Puglia, Campania. L’inchiesta, giunta all’epilogo, ha permesso di recuperare il 97% della “refurtiva” consistente in immobili, società, veicoli e disponibilità finanziarie, ma non solo. Nel bottino dei criminali c’erano anche criptovalute, ora custodite in un wallet. Inoltre, oro, platino e orologi di valore. Il tutto occultato in una cassetta di sicurezza in Austria.
L’operazione
L’operazione era atta a sgominare un sodalizio criminale con base operativa a Rimini. Banda con con diramazioni anche in tutto lo stivale. Sodalizio criminale composto da 56 associati e 22 prestanome. Tutti i coinvolti, all’epoca, erano ritenuti responsabili di una grossa frode allo Stato, legata alle misure di sostegno emanate dal Governo per aiutare le aziende nella fase più acuta dell’emergenza Covid.
L’obbiettivo
L’attività investigativa, culminata in questi giorni con il maxi sequestro, aveva come obbiettivo quello di recuperare il patrimonio accumulato con l’operazione. Secondo l’accusa i responsabili avevano frodato lo stato commerciando i falsi crediti di imposta introdotti con il decreto rilancio.
Le dinamiche della truffa
Attraverso dei prestanome, i soggetti riuscivano ad entrare in aziende in difficoltà economica. Una volta avuto accesso al “cassetto fiscale” veniva avviata la pratica per la richiesta dell’erogazione del bonus. Bonus ricevuto in forma di credito d’imposta all’Agenzia delle entrate. Richiesta inoltrata con progetti evidentemente “gonfiati”. Il credito veniva poi ceduto ad altre aziende. Quindi “ripulito”. Le richieste di rimborso erano gonfiate all’inverosimile. I profitti sono stati poi reinvestiti in varie attività. In particolare: acquisto di immobili, acquisto di ristoranti e altre attività o servizi. In alcuni casi i proventi sono stati fatti confluire su conti correnti in paradisi fiscali. Il totale dell’operazione di raggiro ammonta a circa 440 milioni di euro.
La pista austriaca
L’importante sequestro è stato possibile grazie alla collaborazione anche delle autorità austriache. Importantissimo anche il ruolo dell’Ufficio italiano presso Eurojust, agenzia europea per cooperazione giudiziaria. L’agenzia ha avuto un ruolo centrale per il coordinamento degli accertamenti bancari.
Sempre legato ai bonus edilizi
Considerato il “buon esito” la riuscita con le imposte di credito gonfiate, i criminali avevano messo gli occhi – e le mani – anche su un altra “casistica” legata ai bonus erogati dallo stato. Ci riferiamo a quella sulle ristrutturazioni delle facciate condominiali. In questo caso la dinamica del raggiro è piuttosto “banale”. Attraverso professionisti compiacenti, i criminali hanno ottenuto sovvenzioni per ristrutturazioni – all’insaputa dei proprietari degli immobili coinvolti – che poi non hanno eseguito. Il ricavo sporco relativo a questa pratica messa in atto è stato di oltre 41 milioni di euro.